Descrizione
1° Percorso
Piazza Umberto primo – Via Grammatico e omonimo palazzo – Via Costantino Gatta e Palazzo De Petrinis – Via Silvio Pellico Civita Palazzo Bove – Largo di Santa Maria – Via Castello Palazzo Castrataro-Tieri – Rione San Leone – Via Raffaello da Urbino Via Fornarina – Salita Arnaldo da Brescia Largo Ugo Bassi – Chiesa di Sant’Eustachio Grà ncia di San Lorenzo Cappella Bigotti – Chiesa di Santo Stefano – Via Cavour Corso Vittorio Emanuele
Piazza Umberto primo
S’inizia da Piazza Umberto primo, anticamente detta di Monte Oliveto o di Sotto Corte, all’incrocio delle vie Garibaldi, Grammatico, Roma. Qui sono due edifici religiosi. Della chiesa di San Nicola, antica parrocchiale, si hanno notizie a partire dal 1308; l’edificio è di piccole dimensioni e di semplice struttura, con una modesta navata, sul lato destro della quale s’affianca un’altra minore, separata da struttura ad archi. Non vi si segnalano attualmente opere d’arte di rilievo, andate in gran parte distrutte o disperse soprattutto nel corso degli ultimi quarant’anni, allorquando la chiesa, non più adibita al culto, è stata utilizzata per attività sociali e ricreative della comunità parrocchiale. In quelle circostanze andò distrutto l’organo settecentesco, un tempo collocato su di una tribuna lignea, e fu anche disperso l’archivio della Confraternita di San Vincenzo De Paoli, che in San Nicola aveva avuto la sua antica sede. Restaurato dopo il terremoto del 1980 e restituito anche al culto, l’edificio ha ricuperato con le sue forme originarie anche il decoro che l’abbandono e il suo cattivo uso avevano gravemente compromesso. La chiesa della Santissima Annunziata fu fondata dall’Università cittadina intorno al 1330. V’era originariamente annesso un ospitale per infermi e per pellegrini, affidato all’Ordine dei Crociferi, i quali l’abbandonarono nel 1653. La struttura, che ha subito nel tempo vari rimaneggiamenti, non presenta aspetti di rilievo: sul prospetto si nota un rosone che dové appartenere alla fabbrica trecentesca, mentre il portale, in pietra di Padula, è del XVIII secolo; sull’architrave poggia lo stemma cittadino, segno dell’antico patronato. L’interno, a navata unica, presenta in alcune nicchie laterali statue e busti di santi, tra i quali un San Biagio e un San Vincenzo Ferreri, sculture lignee del XVII secolo. Il presbiterio fino ad alcuni decenni addietro era delimitato da una balaustra in pietra; alle spalle dell’altare, nel catino dell’abside, è la cà ggia di San Michele, la grande teca lignea nella quale viene accolta la statua del Patrono dal 29 settembre all’otto maggio, allorquando essa viene riportata e custodita nel Santuario sul monte Balzata. Povera di opere d’arte, in buona parte andate disperse nel corso del tempo, la chiesa conserva una tela dell’Annunciazione, opera del Franchini, pittore salese del Settecento.
Via Grammatico
Lungo la via attiguo alla chiesa di San Nicola, sulla destra per chi sale, è il palazzo, databile fra il XVIII e il XIX secolo, un tempo appartenuto alla famiglia baronale Romano. Sul portale di pietra, che è a tutto sesto, si vede lo stemma della famiglia: la lupa capitolina che allatta Romolo e Remo; lo scudo è sormontato da un cappello prelatizio. Poco più sopra si giunge al palazzo Grammatico, imponente complesso edilizio del XVIII secolo, appartenuto all’omonima famiglia baronale, che fu titolare del feudo di San Damiano e la cui presenza è documentata a Sala sin dal 1489. L’edificio, da poco restaurato, rivela ancora le caratteristiche del tempo: il portale di pietra, poggiante su due leoni stilofori, con bugne dai fregi floreali e zoomorfi, l’imponente stemma baronale, mascheroni, balconi e finestre realizzati in pietra locale, corte interna lastricata e scalone pure in pietra, l’antico giardino.
Via Costantino Gatta
La via prende il nome dal medico ed erudito, nato il 1673 e morto il 1741, che per primo si occupò delle antichità cittadine, pubblicando dapprima La Lucania illustrata (Napoli 1723), ispirata al prodigio dell’effigie di San Michele Arcangelo sul monte Balzata, quindi le Memorie topografico-istoriche della provincia di Lucania (Napoli, 1732), in cui illustrò la storia dell’intera regione. Nel luogo, anticamente detto la Valle, sorgeva l’abitazione della famiglia, fiorita tra il XVII e il XVIII secolo, da tempo ormai estinta. Le strutture dell’originario palazzo, del XVII secolo, furono abbattute intorno agli anni Settanta dell’Ottocento; sopravanza solamente qualche elemento del portale d’ingresso, in muratura, sul quale si scorgono ancora tracce di affreschi dell’epoca. Sul posto va poi certamente segnalato il vasto complesso edilizio De Petrinis che prese forma, verisimilmente tra Sette e Ottocento, durante il periodo di massima fioritura dell’omonima famiglia, appartenente al ceto borghese locale e legata profondamente alle vicende cittadine del Risorgimento e dell’Unità nazionale. Dal suo ceppo, estinto nella prima metà del ventesimo secolo, emerse la figura di Domenico De Petrinis.
Via Pellico e Civita
Lungo il percorso di via Pellico si avverte maggiormente il respiro dell’antico centro abitato che, racchiuso nella compatta cortina muraria, era attraversato da strade erte e strette. Era possibile accedervi attraverso tre antiche porte, una delle quali, il cosiddetto Portello, si collocava proprio in questo tratto di strada. Si giunge, poco oltre, alla CÃvita, toponimo d’origine latina indicante in genere un antico insediamento. Qui va segnalato il palazzo Bove, la cui famiglia è già attestata a Sala col censimento aragonese del 1489; fiorente per tutta l’età moderna, dal suo seno emerge soprattutto Michelarcangelo, nato il 1790 e morto il 1860, personaggio che ha legato il nome alle vicende del Risorgimento locale e alle cronache amministrative di Sala, di cui fu sindaco benemerito. Elementi di pregio del palazzo, databile fra il XVII e il XVIII secolo, sono il portale in pietra di Padula artisticamente lavorato, la corte interna e per una torre semicilindrica a guardia dell’ingresso, che lo qualificano come struttura edilizia fortificata.
Piazza Santa Maria
Poco distante dal palazzo Bove si nota uno slargo, realizzato negli anni Settanta dell’Ottocento e oggi utilizzato come parcheggio pubblico; un tempo sul luogo sorgeva la chiesa di Santa Maria, della cui fondazione e della cui storia purtroppo si conosce poco, a causa della distruzione e della dispersione delle fonti documentarie. Tuttavia la tradizione le riconosce importanza civile e religiosa: si tramanda infatti la notizia che i Parlamenti municipali venivano annunciati e convocati al suono della sua campana che, com’era costume, doveva verisimilmente servire anche a segnalare situazioni di comune pericolo per la popolazione, chiamando in tal modo la gente a raccolta. Era detta anche Santa Maria la Greca, perché vi si celebrava in rito italobizantino.
Via Castello
Da Santa Maria si prosegue per via Castello, fino a giungere sul punto più elevato dell’abitato, dove sorge il palazzo Castrataro-Tieri che presenta una caratteristica torre quadrata con merlatura. L’edificio è edificato su visibili strutture edilizie preesistenti, in origine destinate a cinta muraria; la stessa torre quadrata sembrerebbe confermare una simile funzione. La posizione eminente su tutto l’abitato e l’aspetto di struttura fortificata inducono a riconoscere al palazzo un’importanza che, forse molti secoli addietro, esso poté avere nell’intero contesto cittadino.
Rione San Leone
Si perviene nella contrada che prende nome dall’antica chiesa dedicata al pontefice Leone nono, la cui fondazione risale verisimilmente al XII secolo: la chiesa – secondo una tradizione locale – sarebbe sorta su di un precedente tempio intitolato alla Santa Croce, a sua volta sovrapposto a più antico culto pagano. Della chiesa, il cui edificio fu rifatto nella seconda metà del XIX secolo, rimangono le sole mura perimetrali: a séguito del terremoto del 1980 se ne decise infatti la parziale demolizione.
Via Raffaello da Urbino Via Fornarina
Le due vie conducono, attraverso un reticolo stradale povero sotto il profilo edilizio, ma caratteristico, a via Arnaldo da Brescia e, svoltando a sinistra, in largo Ugo Bassi, dove si segnalano due antiche edicole funerarie, murate nel prospetto di un’abitazione privata.
Chiesa di Sant’Eustachio
Un’autorevole notizia, tramandata dall’erudito giureconsulto Domenico Alfeno Vario nel XVIII secolo, assegna la sua fondazione al 1130, in età normanna. L’edificio e il campanile attuali sono tuttavia di epoca moderna, riportando visibilmente i segni di rifacimenti effettuati tra il XVII e il XVIII secolo. Particolarmente significativo è l’elegante portale di pietra di Padula: sull’architrave è scolpita un’artistica testa di putto alato, ai lati della quale si legge memoria del restauro della chiesa avvenuto nel XVIII secolo; degno di segnalazione è anche lo stemma che sovrasta il portale, anch’esso settecentesco, nel quale è icasticamente raffigurata la leggenda di Sant’Eustachio.
Grà ncia di San Lorenzo
Sul corso Cavour è una struttura edilizia di vaste dimensioni, in parte adiacente alla chiesa di Sant’Eustachio: non si hanno notizie certe sulla data dell’originaria costruzione la quale, forse risalente alla prima metà del XVI secolo, fu realizzata per le esigenze collegate con l’amministrazione del vasto patrimonio fondiario che la Certosa di Padula – da cui dipendeva la Grà ncia di Sala, detta localmente GhrangÃa – qui possedeva. L’edificio, sia all’esterno che nei suoi articolati interni, mostra evidenti i segni degli interventi e di ampliamenti edilizi, effettuati nel corso del XVIII secolo.
Cappella di San Giuseppe
Si trova poco oltre la Grà ncia certosina, lungo il medesimo corso Cavour; si tratta di un edificio di sicuro interesse artistico, fondato nella prima metà del Settecento dall’importante famiglia Bigotti, la quale, presente a Sala sin dal XV secolo, vi fiorì per tutta l’Età moderna, pervenendo a compiti di spicco e divenendo benemerita verso la Certosa di Padula. Proprio agli ottimi rapporti coi monaci di San Bruno sembrano in qualche modo fare riferimento l’architettura e i complessi elementi ornamentali in pietra di Padula che caratterizzano la Cappella – il portale, lo stemma, i finestroni, il campanile –, la progettazione e la realizzazione della quale furono verisimilmente legate ad architetti e a maestranze di alto livello, forse chiamate sul territorio dalla Certosa di San Lorenzo.
Chiesa di Santo Stefano protomartire
Anch’essa sul corso Cavour, è un monumento assai significativo per la storia della cittadina: l’erudito Domenico Alfeno Vario fa risalire la sua fondazione ai primi anni del XII secolo, in un contesto normanno. All’ XI secolo o all’inizio del successivo sembrerebbe appartenere anche il frammento d’affresco, raffigurante un volto di Apostolo, affiorato sul prospetto della chiesa, dopo il restauro, da uno strato d’intonaco. L’edificio ha una struttura che s’articola in una vasta navata, da cui si eleva il presbiterio con l’altare maggiore sormontato dall’arco trionfale, dietro il quale si apre il coro con la prospettiva della grande tavola del 1610 raffigurante la Madonna della Consolazione coi santi Agostino, Stefano, Maria Maddalena e Monica, opera di Giovanni di Gregorio, detto il Pietrafesa. Ai due lati della navata sono le cappelle, adorne di stucchi settecenteschi, del Santissimo Rosario, del Santissimo Sacramento e di San Carlo. Quella del Rosario fino a qualche tempo fa era impreziosita da una tavola cinquecentesca, purtroppo trafugata, raffigurante la Vergine nell’iconografia che le dà il titolo. Adiacente è un sacello, all’interno del quale sono affreschi datati al XVI secolo. Degna di menzione è anche la cappella di San Carlo, per la quale fu commissionata al Pietrafesa la tela raffigurante la Madonna delle Grazie coi santi Onofrio e Carlo Borromeo, del 1615; nella medesima cappella va segnalato il monumento funebre, con epigrafe, eretto all’abate Domenico Alfeno Vario, illustre giureconsulto salese nato il 1730 e morto il ’93. Tra le opere artistiche della chiesa vanno pure ricordate la balaustra in pietra locale con due putti alati, forse opera di Andrea Carrara di Padula del XVIII secolo, il ciclo di pitture inframmezzato ai finestroni, eseguito dal pollese Anselmo Palmieri nel XVIII secolo e raffigurante scene delle Scritture, le statue lignee di Santo Stefano, e di San Gennaro, produzioni del XVIII secolo del cilentano Domenico di Venuta, attivo nella capitale del Regno. La chiesa conserva anche un apprezzabile archivio, ove tra le residue 21 pergamene è il più antico documento privato cittadino, datato al 14 febbraio del 1448, a cui s’aggiunge un’ampia documentazione cartacea che va dal XVII al XIX secolo.
2° Percorso
Piazza Umberto primo – Fontana dei tre canali – Via Guerrazzi San Biagio – Corso Diego Gatta (in mezzo la Terra) – Piazzetta De Vita – Largo Ugo Bassi – Via Vairo – Via Pagano – Via Battisti – Corso Vittorio Emanuele
Piazza Umberto primo
Il Palazzo municipale – costruito nella seconda metà dell’Ottocento, variamente modificato nel secolo successivo e infine ristrutturato a séguito del terremoto del 23 novembre 1980 – non presenta una particolare rilevanza architettonica. Nel prospetto dell’edificio, sormontato dalla torre dell’orologio, si notano lo stemma comunale e tre iscrizioni. Nello scudo, posto sul balcone del primo piano, è raffigurata una cortina muraria con tre torri merlate e finestrate, sulla centrale delle quali è appoggiata una scala. Nell’araldica dei Comuni italiani il castello a tre torri è solitamente un attributo di città , significando l’autonomia di governo, la forza e l’orgoglio della comunità locale. Quattro lapidi si vedono invece ai lati del portone: la prima, apposta nel 1887 dalla locale Società Operaia «Torquato Tasso», ricorda la tragica battaglia di Dogali in Eritrea, nella quale perì il concittadino Nicola Aumenta; la seconda, del 1900, è in memoria del re Umberto I, a cui fu intitolata la piazza dopo l’assassinio; la terza, del 1910, commemora l’unità nazionale, menzionando tre patrioti del Vallo di Diano, i garibaldini Vincenzo Padula, Giuseppe Maria Pessolani e Antonio Santelmo; l’ultima, collocata da qualche anno, ricorda Giovanni Crisostomo Martino (John Martin), nato a Sala agli inizi degli anni cinquanta del XIX secolo, unico superstite della battaglia di Little Big Horn che vide la sconfitta del generale George Armstrong Custer per mano del lakota oglala Cavallo Pazzo, Tashunka Uitko. Poco discosti, alla sinistra del Municipio sono il Monumento ai Caduti per la Patria, opera del perugino Torquato Tamagnini, e, di fronte, l’artistica fontana pubblica, detta dei Tre canali, un tempo sita all’inizio di via Mazzini, all’angolo con salita Grammatico, di là poi trasferita nel 1968 dall’Amministrazione comunale del tempo. Una lapide riassume la storia della fontana e del suo restauro, compiuto nel 1825, «regnante Francesco I, Re delle Due Sicilie», a cura del Sottoprefetto Giovanni Cafaro. Accanto alla fontana, sul medesimo muro, sono due lapidi apposte nel 1993 e nel 2004 dall’Amministrazione comunale in onore degli illustri giuristi salesi Domenico Alfeno Vario e Diego Gatta in ricorrenza del bicentenario della loro morte. La scalinata posta tra la fontana e il Monumento ai Caduti conduce in via Guerrazzi, dove si incontra l’edificio delle Scuole Elementari, la sede storica del Regio Ginnasio, costruito sul posto un tempo occupato dalla cappella di San Biagio, antico patrono di Sala nel XVII secolo fino agli inizi del XVIII.
Corso Diego Gatta
La strada prende il nome dal sacerdote e giureconsulto cittadino, nato a Sala il 1729 e morto a Eboli il 1804, autore d’importanti opere giuridiche pubblicate nella Napoli delle riforme borboniche, promosse e sostenute dal ministro Bernardo Tanucci; lungo il percorso era l’antica casa del giurista, che la tradizione locale indica nell’attuale proprietà Lobosco al numero 57. Nei secoli passati – ma l’uso è tuttora vivo tra la gente del posto – l’attuale corso Gatta era conosciuto col toponimo in mezzo alla Terra, mmiénźu la Tèrra; esso indicava il centro dell’antico paese. Il termine Terra è un’eredità medievale e lo si trova in genere riferito ad insediamenti urbani che acquisirono un rilievo soprattutto in età normanna. Il corso Gatta presenta, lungo i lati della stretta via, alcune costruzioni d’interesse: si tratta di edifici sette e ottocenteschi, appartenuti un tempo a famiglie della borghesia cittadina, oggi purtroppo in uno stato di conservazione e di manutenzione non idoneo.
Piazzetta De Vita
Va qui avvertita la presenza del palazzo omonimo, un’antica costruzione signorile, purtroppo fortemente trasformata da interventi moderni; sul portale d’ingresso, a tutto sesto di pietra locale, è lo stemma della famiglia che ne fu titolare.
Largo Ugo Bassi
Vi si perviene, dopo aver lasciato la settecentesca chiesa di Sant’Eustachio. Dalla piazzetta antistante si scende lungo la ripida e stretta via Vairo. Qui s’incontra l’antica abitazione del giurista, il Palazzo Vairo-Pappafico, imponente e articolata struttura edilizia, nel cui giardino si trova anche un artistico pozzo del XVIII secolo, realizzato in pietra locale.
Via Mario Pagano
È da annoverare la cappella di Santa Maria della Pietà , meglio nota come Madonna del Monte, che nei secoli scorsi fu sede d’una confraternita, della quale rimane traccia in alcune iscrizioni tombali e votive qui custodite. All’interno è un settecentesco organo a canne collocato sopra una tribuna lignea, uno dei due antichi strumenti ancora presenti nelle chiese di Sala. Proseguendo a ritroso per via Cesare Battisti e corso Vittorio Emanuele l’occhio è attratto dalla presenza di varie costruzioni ottocentesche d’un certo interesse. Si raggiunge infine la Piazza, all’inizio della quale è collocata su di un angolo dell’ex albergo Iannicelli un’iscrizione che manifesta i sentimenti massonici di un gruppo di salesi appartenenti alla locale Società Operaia di Mutuo Soccorso «Torquato Tasso», la quale nel 1894 ne dedicava a Giordano Bruno il dettato da Giovanni Bovio.
3° Percorso
Piazza Umberto primo – Via Grammatico o Tocco – Cappella di Santa Sofia – Via Fratelli Bandiera – Chiesa di San Pietro Apostolo – Via Albinio Cappella Acciari – Palazzo Acciari – Piazzetta Gracchi – Via Alfieri Via Tasso – Via Gioberti (ex palazzo vescovile e già Carcere) – Via Salute e Palazzo Sasso – Contrada Cappuccini – Via Manin – Corso Camera – Via Roma
Piazza Umberto primo
Lungo via Grammatico, all’incrocio col corso Diego Gatta, era il Tocco, che, come indica il toponimo, era la sede dell’antico «sedile», il luogo dove sino al XVIII secolo si tenevano le pubbliche assemblee cittadine, dette «Parlamenti». La raffigurazione dell’edificio è evidente nella stampa settecentesca di Sala. All’incrocio con via Fratelli Bandiera è la cappella di Santa Sofia, di probabile origine altomedievale bizantina, divenuta in età moderna di patronato gentilizio; al suo interno, poco più d’una stanza di forma rettangolare, appare sull’altare una traccia d’affresco, nel quale è raffigurato l’Eterno Padre, opera pregevole del XVII secolo del Pietrafesa.
Chiesa di San Pietro
Da via Grammatico, imboccata via Fratelli Bandiera, si giunge nei pressi della chiesa che tra Sei e Settecento fu scelta dai Vescovi di Capaccio, residenti a quel tempo a Sala, per le funzioni pastorali e pontificali. Vi furono celebrati infatti i sinodi diocesani nel 1617, ne1 1629 e nel 1746; i vescovi Francesco Maria Brancaccio, il cui episcopato durò dal 1627 al ’35, Tommaso Carafa, vescovo dal 1639 al ’64, e Andrea Bonito, dal 1677 al ’84, profusero grandi risorse nella fabbrica nell’arricchimento della chiesa che così assurse, di fatto, al rango di cattedrale. Purtroppo nel 1705 un incendio danneggiò gravemente l’edificio; fu poi restaurato, risorgendo nello stile del Barocco locale. Nel 1943 un bombardamento aereo delle Forze Alleate per errore la devastò irreparabilmente, distruggendo anche il ricco patrimonio artistico ch’essa conservava. Rimase salvo il campanile, alla base del quale è murata l’epigrafe apposta dal vescovo Carafa nel 1641. Ricostruita ex novo a tre navate negli anni Cinquanta, la chiesa conserva traccia della sua storia nell’Archivio parrocchiale, dove è custodita una cospicua documentazione scampata sia all’incendio del 1705 che al bombardamento del 1943. Dell’Archivio vanno segnalati soprattutto alcuni frammenti in scrittura beneventana, che vanno dall’ XI al XIII secolo, e una sessantina di pergamene contenenti atti privati o ecclesiastici, relativi a un arco cronologico compreso tra il 1457 e il 1783.
Via Albinio – Cappella Acciari
Accanto al campanile di San Pietro è la cappella gentilizia fondata dalla famiglia Acciari nel 1704 e dedicata – come si legge scolpito nel cartiglio lapideo sul portale – al Nome di Maria, a San Giuseppe e a San Michele Arcangelo. La cappella era originariamente ricca di suppellettile sacra e adorna di opere d’arte; ora purtroppo non versa in buono stato, sicché si teme per la conservazione di ciò che ancora vi si conserva: il prezioso altare, la balaustra, un monumento funebre, opere del barocco locale in pietra di Padula, gli stucchi e gli affreschi della volta, ispirati al Settecento napoletano e di buona fattura.
Palazzo Acciari
Di fronte alla cappella si erge il monumentale palazzo appartenuto all’estinta famiglia Acciari. Degno di attenzione è l’ingresso monumentale, col portale posto tra due alte colonne e incorniciato da una straordinaria teoria di stemmi, da cui sarebbe possibile ricostruire – per via araldica – le complesse vicende della famiglia che vantava origini spagnole e si stabilì verosimilmente a Sala intorno alla seconda metà del Seicento, fiorendovi poi per tutto il secolo successivo. Si accede attraverso un porticato al palazzo, che si apre in una corte interna con giardino.
Piazzetta Gracchi
Qui si pone all’attenzione l’antico palazzo Del Vecchio, occupato per lungo tempo dalle Maestre Pie Filippini, poi sede di una scuola per l’infanzia; nelle vicinanze è la cappella della Madonna delle Grazie. Proseguendo per le vie Alfieri, Tasso e Salute, si perviene all’incrocio con via Gioberti, dov’era il Palazzo Vescovile, successivamente adibito a Carceri giudiziarie. La struttura originaria risale al Seicento, allorquando il vescovo Brancaccio decise di stabilire la sede della Diocesi caputaquense a Sala, sito che risultava più adatto per il governo dell’estesa circoscrizione vescovile, abbracciante a quell’epoca il Vallo di Diano e buona parte dell’impervio Cilento. Il palazzo, che presenta un massiccio portale di pietra dall’arco a tutto sesto, mostra qua e là i segni del suo passato; i vescovi caputaquensi, infatti, apposero sul suo prospetto e in altri punti delle cortine murarie stemmi e iscrizioni che ne tramandano il ricordo.
San Raffaele
Proseguendo per via Salute si raggiunge infine il rione di San Raffaele, dov’è l’omonima cappella. Sviluppatosi tra la fine del Sei e l’inizio del Settecento, quando veniva indicato come borgo nuovo, il rione rappresenta l’estrema propaggine meridionale del centro storico. Nel suo contesto urbanistico meritano attenzione gli antichi palazzi Sasso e Amodio.
Contrada Cappuccini o Quartiere
I Frati Cappuccini fondarono a Sala, nell’ultimo quarto del XVI secolo, un convento con l’annessa chiesa di Santa Maria degli Angeli. La struttura del primo non presentava particolari caratteristiche architettoniche, mentre la chiesa – soprattutto per via delle opere d’arte e dei rifacimenti sei e settecenteschi – doveva risultare d’un certo pregio. La sua pianta mostrava un’unica e ampia navata, su di un lato della quale si aprivano quattro cappelle con volte a crociera; l’aula, arricchita da una serie di lesene e di stucchi, era adorna di numerose pitture, tra le quali figurava un ciclo del XVIII secolo, purtroppo perduto, attribuito al pittore Anselmo Palmieri di Polla. Va ricordato che in quella chiesa ebbero sepoltura il vescovo Giovanni Vitelli nel 1610 e il medico e storico Costantino Gatta. La sepoltura del Gatta era corredata da una lunga epigrafe, scolpita sopra una lastra di pietra locale di grandi dimensioni, composta dai figli Gerardo, Giuseppe e Francesco. Soppresso il convento nel 1866 e andati via i Padri Cappuccini, l’intero complesso fu progressivamente spogliato delle opere d’arte; fra l’altro, l’epigrafe del Gatta fu asportata e trasferita nel cimitero cittadino, dov’è tuttora fortunatamente visibile. L’ex Convento fu, di tempo in tempo, destinato a varie utilizzazioni, come l’alloggio di truppe, onde la struttura edilizia e la circostante area assunsero la denominazione di Quartiere. Danneggiate gravemente dai cambiamenti apportati con l’Unità nazionale, abbandonate e cadute progressivamente in rovina, l’antica struttura conventuale e la chiesa furono riparate parzialmente un cinquantennio addietro per ospitarvi di volta in volta scuole pubbliche, presidi sociosanitari, associazioni culturali, ricreative e sportive; fin dal 1980 vi hanno avuto sede altresì la Biblioteca Comunale e gli uffici periferici della Soprintendenza Archeologica di Salerno, la quale, nel 1982, istituì presso la medesima struttura un antiquarium per esporre al pubblico, in successione cronologica dal IX al V secolo avanti Cristo, i corredi tombali provenienti dalla necropoli di Sala e rinvenuti a séguito delle numerose campagne di scavo avviate dalla quella Soprintendenza dall’inizio degli anni Settanta. L’intero complesso monastico, definitivamente restaurato e recuperato funzionalmente negli ultimi anni, è stato infine restituito al pubblico nel 2008, quando vi hanno fatto definitivamente ritorno la Biblioteca Comunale e la Soprintendenza Archeologica. L’area comprende, oltre alla Biblioteca e al «Museo Archeologico di Sala Consilina» già Antiquarium, l’Auditorium comunale, nella chiesa del convento, il Teatro comunale, con cavea coperta per circa 500 persone, l’impianto sportivo polivalente e l’anfiteatro.
Via Manin Via Giovanni Camera Via Roma
Volgendo nuovamente verso la piazza Umberto primo, lungo corso Camera va segnalata la cappella di San Michele, conosciuta popolarmente come Sandu MichilÃcchju, che un tempo ospitava la Confraternita intitolata all’Arcangelo. Tra le cose degne di segnalazione è l’antico organo a canne, posto sulla tribuna lignea sovrastante il portale d’ingresso, e una settecentesca statua lignea dell’Assunta.
Piazza Umberto primo.
Le chiese della Santissima Annunziata e di San Nicola rappresentano il termine dell’itinerario, a conclusione del quale vanno segnalate le lapidi presenti all’angolo della vicina via Garibaldi, che ricordano il passaggio del Generale e dei Mille per Sala, avvenuto il 5 settembre del 1860. Nello spazio contiguo alla stessa via si trova ora il monumento a Domenico De Petrinis, nato nel 1849 e morto nel 1884, benemerito sindaco di Sala e deputato al Parlamento del Regno nel 1882, ritratto a mezzobusto in bronzo dallo scultore Mario Rutelli e qui posto nel 1928 dalla Società Operaia «Torquato Tasso».